ACCADEVA NEL 1838.... - NUOVO SITO ALBANA

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ACCADEVA NEL 1838....

ITALIANO > CURIOSITA'
Campiglia 1838:
una questione di confine
(immagini tratte da documenti pubblici, liberamente riproducibili per scopo di studio e ricerca che esclude il lucro)
CREDITS: LOMBARDO NATALE
Credo che tra biassei e campioti ci sia sempre stato un rapporto di rispetto ma anche di rivalità. Rispetto per le probabili origini comuni, rivalità per piccole questioni dovute in particolare alla definizione dei confini delle rispettive comunità. Questo accadeva soprattutto per quelle strisce di terreno, faticosamente strappare alla roccia, che costituivano, un tempo, la principale risorsa economica grazie alla coltivazione della vite. Parliamo della zona che per i biassei specialmente era chiamata Tramonti, cioè trans montes, al di là dei monti, che dovevano valicare per recarsi nei vigneti. Mentre per i campioti le coltivazioni erano spostate più ad oriente, come nella località chiamata Albana e sopra la costa del Persico. Erano queste, zone molto aride, dove la possibilità di attingere acqua era praticamente ridotta al minimo; ogni singola goccia piovana veniva raccolta per far fronte alle diverse necessità quotidiane, ed ogni rigagnolo sfruttato al massimo. La zona di Albana era coltivata già nell’antichità, si può dire dall’anno mille, quando era di pertinenza dei monaci del Tino, che potevano vantarvi diritti e usufrutti particolari di cui rimane traccia nelle pergamene superstiti di quel vetusto cenobio.
Queste località costiere erano suddivise in piccole zone, ciascuna aventi un particolare toponimo, di cui abbiamo testimonianza nelle due caratate ordinate da Genova e risalenti agli anni 1612 e 1643.
Le terre furono progressivamente abbandonate nel corso del Novecento, con il mutare delle condizioni di vita della popolazione, ed oggi rimangono coraggiosi tentativi di recupero delle tradizioni. Ottime iniziative a tutela del territorio. Ma nel 1838 le attività agricole arano ancora in pieno sviluppo ed è in quell’anno che accadde una vertenza circa la presa dell’acqua in Albana, a vantaggio degli uomini di Biassa e Campiglia. Una discussione che dovette essere moderata e regolata dal sindaco (Domenico Scipioni) e consiglio comunale della Spezia, con tanto di perizia e allegato disegno, che raffigura la zona in questione. Parliamo dell’ordinato numero 24 del 28 dicembre 1838, “con cui si delibera il verbale ed annessovi tipo, fatto per fissare i punti di passo per dove gli uomini di Biassa e Campiglia dovranno transitare per attinger l’acqua nella terra detta di Albana, di proprietà dei signori Boccardi”
.
Il giorno 15 del mese di novembre di quell’anno, il sindaco assieme all’avvocato e consigliere Giulio Comparetti, all’architetto geometra Nicola Svanascini e al Segretario civico Angelo Montebruni, si recò in Albana nei terreni della marchesa Anna Doria, vedova Boccardi e dei di lei figli Antonio ed Enrico Boccardi del fu Giuseppe, di cui era procuratrice poiché minorenni, per stabilire di comune accordo con tutti i portatori di interesse, appositamente convocati con manifesto pubblico, i punti per i quali transitare per attingere acqua alla fontana posta in una villa di proprietà degli eredi Boccardi.
Questo per porre fine alla causa vertente presso il tribunale di Sarzana, come da sentenza del 7 febbraio 1837, tra la città della Spezia ed i Boccardi.  
La questione andava dunque avanti da diverso tempo, ed in quel giorno del novembre 1838 fu trovato il seguente accordo: “I passi ed i sentieri” – recita il verbale – “per i quali gli individui di Biassa e Campiglia dovranno in avvenire transitare per attingere l’acqua, passando attraverso della proprietà dei predetti signori Boccardi, sono stabiliti in due punti, cioè quello in cima alla villa medesima al luogo detto il Roccao, da dove si va al Laghetto, quale riesce di tutto comodo a coloro che hanno cantine e case sulla montagna, e quello nel luogo del canale ove scorre l’acqua posto poco sotto della casa padronale dei detti signori Boccardi, e dove in fatti percorre in abbondanza detta sorgente quale riesce egualmente comodo alle cantine e case che si trovano vicine al mare.”  
 
L’architetto idraulico Nicola Svanascini esaminò “il corso tortuoso del rigagnolo discorrente nella valle di Albana” assieme ai diversi sentieri e viottoli che conducevano alle “abitazioni site nella costa del Persico”, per le quali stabilì la presa d’acqua nel luogo detto la Fontana e per le cantine poste più in alto, fissò il luogo detto il Roccao. Il primo è indicato nella mappa col la lettera A e dista soli cento metri dalle case Sturlese, Gianardi e Venerio. Per questo passaggio, l’architetto richiese la sistemazione dei muri a secco, che erano evidentemente franati o del tutto inesistenti in alcuni tratti.
Così si risolse dunque la vertenza, e come di prassi, la delibera comunale venne approvata dall’intendente della provincia il 15 marzo 1839, con l’avvertenza di sottoporre tutto al regio tribunale della prefettura di Sarzana, davanti al quale pendeva ancora il litigio.
Chi era presente quel giorno in Albana? Ce lo dicono le firme in calce all’atto, di Anna Doria, vedova Boccardi, Gio Batta Sturlese parroco, Gianardi Francesco consigliere della Borgata di Biassa, assieme ai segni di croce di Carro Gio Batta di Biassa, Gianardo Gio Batta, Carro Gio Pietro di Gio Batta di Biassa, Sturlese Gio Maria de fu Salvatore, Sturlese Salvatore del fu Gio Maria, Gianardi Francesco del fu Antonio di Biassa, Gianardi Antonio del fu Berto di Biassa, Sturlese Gio Batta di Francesco di Campiglia, Gianardi Biaggio di Marco di Biassa, Sturlese Francesco di Michele di Campiglia, Gianardi Domenico del fu Andrea di Campiglia, Gianardi Francesco del Andrea di Campiglia.
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